Amsterdam, 8 marzo 1941
Una giovane ebrea olandese di 27 anni comincia a scrivere un Diario.
Le sue parole, la sua testimonianza raccontano di due anni cruciali - dal 1941 al 1943 - di un secolo, il ‘900, attraversato dalla distruzione di due guerre mondiali.
Il secolo della morte, come lo definì Sigmund Freud e il tempo dei totalitarismi come evidenziò la filosofa ebrea Annah Arendt, il cui scopo fu quello di dominare l’uomo, prova ne è la realizzazione e l’impiego dei campi di concentramento e di sterminio nazisti.
La storia è quella Etty Hillesum, che fece della sua vita un atto di coraggio, di resistenza, fede e poesia e che nel campo più tristemente noto, quello di Auschwitz, morirà a 29 anni, il 30 novembre 1943, non senza aver prima consegnato quelle pagine di quaderno a righine blu, nelle mani di una cara amica con la preghiera di farle avere all’amico scrittore Klaas Smelik, nel caso in cui lei non fosse ritornata, nella lucida consapevolezza, quindi, di aver scritto un frammento di Storia:
“Quello che più mi spaventa è il torpore… Eppure deve esserci qualcuno che sopravvivrà e potrà testimoniare che Dio è vissuto anche in questi nostri tempi. E perché non dovrei essere io quel testimone?”.
E la sua testimonianza ci dice cosa significhi restare umani nelle condizioni più estreme, la sua esistenza svela un inedito significato della parola Resistenza, come “stare nella croce del tempo”, per usare le splendide parole della filosofa Laura Boella.
La sua vita è un atto poetico, di fede e coraggio che nasce dall'introspezione, dalla cura e dall'amore incondizionato verso la vita, tanto forte quanto più il cerchio si stringe attorno al popolo ebraico: un destino collettivo che Etty sceglie lucidamente di condividere con la sua gente e con tutti coloro che furono annientati.
Nel campo di transito di Westerbork, situato nell’Olanda nord orientale, luogo dove Etty si dedicò totalmente agli altri, portando cure, ascolto, forza e sostegno ai suoi compagni, un vecchio - un giorno le disse “Per scrivere dei lager ci vorrebbe un poeta”.
La nuda cronaca non bastava e non le bastò: il suo diario, fittissimo, pubblicato per la prima volta nel 1981 insieme ad alcune sue lettere e tradotto poi in 15 lingue, fu cronaca, poesia e visione profetica: uno sconvolgente inno alla vita.
"Se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient'altro che i nostri corpi salvati ad ogni costo e non un nuovo senso delle cose, allora non basterà".
Buon Ascolto!