Pubblicato il 25/09/2022
Prisma, città invisibile
La nuova serie Amazon Prime vista dalla città in cui è ambientata
Il treno regionale partito da Roma alle 18:36, arrivato alla stazione di Latina, rigurgita le centinaia di pendolari con le facce stanchi e gli occhi spenti. Mille luci bianche dei telefoni si muovono sulla banchina del binario 2 verso il sottopassaggio vecchio della stazione; quello dove fu arrestata, per poi essere deportata ad Auschwitz, Gina Piazza, ebrea di Roma, ma dove non c’è nessuna targa per ricordarlo.
Scendo dal treno mentre nelle cuffie viaggia lenta Teardrop dei Massive Attack avviandomi verso l'uscita stravolto e scombussolato dalla velocità di Roma. Mentre aspetto che il fiume in piena di pendolari lentamente rientri negli argini, noto un ragazzo guardarsi intorno: è spaesato, gli occhi smarriti guardano veloci prima la stazione, poi Google Maps.
Mi nota e mi fa: “scusa, ma sai come si arriva al centro?”
Tolgo le cuffie: “Al centro? Si, ci sto andando anch’io. Vieni ti accompagno al pullman.”
“No, guarda vorrei arrivarci a piedi.”
Ho già capito tutto.
“A piedi? Ma non sei di qui vero?”
“ Veramente no, sono venuto a trovare la mia ragazza che da poco si è trasferita qui per l'uni.”
“ Andiamo ho un biglietto del pullman in più. A piedi sono quasi dieci km per il centro.”
Il ragazzo mi guarda ancora più spaesato di prima.
“ Ma questa è la stazione di Latina? E non è vicino alla città?”
“Guarda è una storia lunga, ma ora sbrighiamoci. Se perdiamo il pullman poi davvero dobbiamo farcela a piedi.”
Prendiamo velocemente l’uscita, mentre ogni pendolare si è già riversato nel suo affluente personale.
L’FS è pieno e parte un secondo dopo esserci saliti sopra.
Ci sediamo sui sedili in fondo, gli ultimi disponibili perché lì, vicino al motore, fa sempre più caldo. A fianco a noi c’è un ragazzo che parla al telefono a voce altissima in Wolof. Poco più avanti due ragazze, entrambe di Latina Scalo, parlano di un impiccio successo nella loro scuola; una storia di corna e tradimenti che facciamo fatica a capire, interrotta bruscamente dall’arrivo di due ragazzetti con le tute nere che salgono sul pullman saltellando su un pezzo di Shiva. Un signore campano sulla mezza età, con i pantaloni sporchi di vernice bianca, spiega con difficoltà a una bionda signora polacca, con la valigia rosa e la borsa di finta pelle, quale fermate fa questo pullman.
“Ecco, ora posso dirti benvenuto a Latina.”
Il ragazzo spaesato dai capelli biondo cenere mi racconta un po’ della sua vita e io della mia. Niente di profondo, ma quanto basta per un viaggio di venti minuti. Percorriamo l’Epitaffio al tramonto, quando il cielo si trasforma in confine tra l’arancione del mattino appena passato e l’indaco di una notte non nata; i campi diventano scuri e le luci della città si accendono timidi.
Scendiamo entrambi a Piazza del Popolo.
“Dai, posso offrirti qualcosa per ringraziarti?”
“No, tranquillo, mi aspettano a casa.”
“Dai dai, fatti offrire almeno uno spritz per il disturbo.”
Accetto. Un no è per cortesia, due no sono maleducazione.
Andiamo in uno dei bar poco vicini alla piazza, uno di quelli pieno delle vecchie foto di Littoria durante il periodo della fondazione.
“E queste?”
Ecco, lo sapevo. Mi ritrovo ancora una volta incastrato a raccontare ad uno sconosciuto la storia di Latina/Littoria, del fascismo, la bonifica e di quanto sia solo un piccolo pezzetto della storia, non quella complessiva.
A volte mi piacerebbe semplicemente rispondere“ Leggiti il racconto di Maurilia ne Le città invisibili di Calvino”.
Tra le tante città possibili o reali di Calvino, Maurilia, la città in cui il viaggiatore al tempo stesso osserva la città diventata metropoli di oggi e quella provinciale, antica, delle cartoline che raffigura una città che per caso si chiamava Maurilia come questa, si avvicina molto a quella Littoria del fascismo che per puro caso oggi è contenuta dentro i confini di quella chiazza informe di palazzi, strade e campi esplosa tra il Mediterraneo e le montagne che chiamiamo Latina.
Dì Latina si conosce principalmente solo questo: città fondata dal fascismo, feudo della DC, laboratorio politico del centrodestra e culturale del berlusconismo, travolta da scandali politici e dalla criminalità organizzata.
Ma questa è solo una delle tante città, reali e possibili, che per puro caso si chiamano Latina.
Una di queste città invisibili è raccontata in Prisma, la nuova serie Amazon Prime ambientata a Latina uscita il 21 Settembre contemporaneamente in oltre 240 paesi.
Prisma, diretta da Ludovico Bessegato e scritta insieme ad Alice Urciuolo, entrambi autori di SKAM Italia è un vero e proprio romanzo di formazione del XXI secolo.
I protagonisti sono Andrea e Marco, due fratelli gemelli interpretati in maniera eccellente da Mattia Carrano , nel suo esordio cinematografico, affrontano il confine dell’adolescenza, l’età delle esplosioni dei conflitti, degli amori intensi e veloci come fiammiferi, delle prime cicatrici per lo sforzo di trovare posto in questo mondo. Uguali nell’aspetto, vivono in maniera differente questo confine: Marco, timido e introverso, prova ad evitarlo, perché quando ci si ritrova davanti esplode in una rabbia furiosa e autolesionista.
Schernito e messo ai margini dal gruppo di ragazzi della piscina che frequenta, prova ad uscirne grazie all’amore per Carola, altro personaggio centrale della serie.
Andrea invece vuole viverlo perché è il confine.
Un confine fluido e colorato, oltre i binarismi di amore e di affetti, ma difficile da accettare.
Un confine in cui il ragazzo estroverso, spigliato, anche un po’ sbruffone, sempre pronto a dare i consigli al fratello, deve convivere con il ragazzo che vuole indossare vestiti a fiori, truccarsi e poter amare alla luce del sole Daniele, il trapper delle case popolari, che nasconde sotto un muro di sguardi duri e di cartine bruciate, l’amore intenso per una sconosciuta che pubblica su Instagram le sue pose indossando vestiti a fiori, ma senza volto. In Prisma c’è anche Nina, la ragazza dalle certezze monolitiche, sicura delle sue scelte e dei suoi spazi, che si avvicina cauta al confine, compagna di viaggio di Andrea e si ricrederà anche lei su una sessualità e un’identità che riteneva certe e sicure.
La serie è sicuramente un ritratto delle generazioni nate dopo il 2000, che affrontano un mondo che da un lato sembra rimanere immobile, monocolore, come la Latina che appare da sfondo alle vicende e dall’altro è in rapido mutamento nella complessa relazione tra l’identità, le aspirazioni, l’aspetto fisico e gli orientamenti sessuali. Un mutamento che cavalcano, amano provando a non rimanerne travolti.
La forza di questa serie però è quella di andare oltre ai temi cardini su cui è costruita e provare a leggere complessivamente il nostro tempo, il nostro paese.
Uscita a pochi giorni dalle elezioni politiche, Prisma descrivere l’animo di un paese che ha paura di guardarsi allo specchio, di accettare la propria identità mutevole, fluida, colorata e per paura si nasconde nella rigidità, nella conservazione, nell’odio di chi usa i confini come spade, armi affilate contro qualunque cosa sia "altro".
E così Latina non fa solo da sfondo alla serie, ma ne è la vera protagonista.
Così come i giovani protagonisti di Prisma, anche la città affronta il suo confine: quello tra la fondazione fascista e la città del dopoguerra, tra la Latina come seconda città del Lazio e il paese dei “quattro stronzi che siamo in cui si sa tutto di tutti”, come dice ad un certo punto Daniele in un episodio. Una città che come Andrea non riesce ad accettare la sua identità fluida, mutevole e cangiante costruita da generazioni e generazioni di migranti che l’hanno attraversata. Un’identità che esce fuori solo nel linguaggio dei suoi abitanti, un grammelot di dialetti, lingue e parlate che Prisma non riesce purtroppo a cogliere, dando a Latina una romanità che le appartiene solo in parte.
Latina è un’Italia concentrata, i cui conflitti esplodono più forti e i silenzi sono più gravi, dalle identità molteplici come i palazzi con stili, colori e sfumature, tutti diversi l'uno dall'altro, da cui è composta. Una città umana, rigida, ma piena di incertezze, facile da odiare, giudicare e disprezzare, difficile da accettare.
“D’accordo, non sembra neanche a me un granché di città. Ma allora perché non ve ne andate? Che ci fate ancora qui?”
Il ghiaccio nel bicchiere si è completamente sciolto, in quello che ora è solo un vago ricordo di uno spritz.
Roteo tra le dita la cannuccia e non so rispondere.
Mi sembra di vivere quel momento in cui Andrea, nelle lunghe telefonate con Raffa dell’HelpLine, prova a trovare una via di fuga al suo conflitto.
Forse perché andarsene significa rinunciare a una parte di sé, a quella parte più contorta e complessa, con cui prima o poi bisogna fare i conti.
Forse perché se da qui possiamo trovare un modo per venire a patti con la nostra natura umana, fragile e mutevole allora abbiamo un briciolo di speranza di far girare il mondo nel verso giusto.
Ma la faccia del ragazzo biondo color cenere mi fa capire che sto divagando e che l’alcool a stomaco vuoto non aiuta. Pago e ci salutiamo, scambiandoci i segui su Instagram. Gli indico la strada per il pub dove incontrerà la sua ragazza e io mi avvio verso casa.
Corso della Repubblica si tinge di arancione mentre il cielo scuro segna che l’ora di cena l’ho abbondantemente superata. Due ragazzi mi superano a gran velocità con un monopattino.
“Ma dove cazzo andate così di corsa?” gli grida un uomo con la giacca sgualcita e i capelli bianchi mentre il suo carlino piscia sul marciapiedi vicino il cassonetto verde.
La città ad ogni passo si svuota e il silenzio diventa signore della notte.
Rimetto in testa le cuffie.
Ancora una volta parte Teardrop.
Love, love is a verb
Love is a doing word
Fearless on my breath
Gentle impulsion
Shakes me, makes me lighter
Fearless on my breath
Tra le luci dei lampioni e i palazzi illuminati, le mille città invisibili proseguono il loro sotterraneo conflitto.
Buona visione!